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I CINQUE ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE UMANA

Assiomi Comunicazione

Comprendere la Comunicazione Umana

Per poter stabilire cosa sia patologico in una comunicazione, è necessario stabilire inizialmente dei punti fermi sulla comunicazione: degli assiomi che fungano da indicatori di dispersione. Per soddisfare questa esigenza, la scuola di Palo Alto formulò negli anni ‘70 cinque assiomi che divennero il punto di riferimento (e lo sono tuttora) per le ricerche condotte in futuro sull’argomento. Essi sono l’impossibilità di Non-Comunicare, i livelli di contenuto e di relazione, la punteggiatura nella comunicazione, la comunicazione numerica e digitale e Simmetria e Complementarietà nelle relazioni.

1° Assioma- L’impossibilità di Non-Comunicare

1° Assioma

Non si può non comunicare. L’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione ne consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. Non esiste un qualcosa che sia un non-comportamento, quindi non è possibile avere non avere un comportamento. L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri  e gli altri, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro.

2° Assioma- Livelli Comunicativi di Contenuto e Relazione

2° Assioma

Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto, in cui si trasmette un’informazione (aspetto di notizia) e uno di relazione in cui impone un comportamento (aspetto di comando), di modo che il secondo classifica il primo

Il primo è sinonimo nella comunicazione umana del contenuto del messaggio. Il secondo si riferisce al tipo di messaggio che deve essere assunto (si riferisce al modo in cui tale messaggio deve essere assunto) e perciò alla relazione tra i comunicanti.

Le relazioni solo di rado sono definite da piena consapevolezza da parte dei comunicanti. Infatti, sembra che quanto più una relazione sia “sana” e spontanea tanto più l’aspetto relazionale recede sullo sfondo. Mentre le relazioni “malate” sono caratterizzate da una lotta costante per definire la natura della relazione, mentre l’aspetto di contenuto della comunicazione diventa sempre meno rilevante.

Da tutto questo si deduce che l’aspetto relazionale della comunicazione è identico al concetto di metacomunicazione, infatti essa non solo è una conditio sine qua non della comunicazione efficace ma è anche strettamente collegata con il grosso problema di se e degli altri

3° Assioma- La Punteggiatura della Sequenza di Eventi

3° Assioma

La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti (se si prende in considerazione il punto di vista dell’uno o quello dell’altro; es.: «Lo picchio sempre perché lui si ubriaca». «Bevo per dimenticare di avere una moglie isterica»)

4° Assioma- Comunicazione Numerica e Analogica

4° assioma

Il linguaggio digitale (digitale, verbale) ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia, ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione; il linguaggio analogico (il linguaggio non verbale) invece  non ha alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo, la natura delle relazioni

5° Assioma- Interazione Complementare e Simmetrica

5° assioma

Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza (da una parte rapporti paritetici, paritari, democratici, dall’altra rapporti fondati sulla autorità/subordinazione) (Watzlawick e altri, 1971).

Nel caso delle relazioni simmetriche si tende a rispecchiare il comportamento dell’altro. Mentre le relazioni complementari prevedono da parte dei comunicanti l’assunzione di due diverse posizioni: una one-up (superiore, primaria) e l’altra on-down (inferiore, secondaria).

BIBLIOGRAFIA

Watzlawick P., J. H. Beavin, D. D. Jackson (1971). Pragmatica della comunicazione umana. Studio sui           modelli interattivi delle patologie e dei paradossi. Casa editrice Astrolabio- Ubaldi Editore, Roma.
 

Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano

Psicologa-Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

DUBBIO PATOLOGICO e altre trappole della ragione. Come uscirne in tempi Brevi.

Asino-di-Buridano

Quando il cogitocentrismo intrappola

 

C’era una volta un asinello che camminando lungo una strada

si imbatté in due mucchi di fieno uguali ed equidistanti da lui.

L’asino, che aveva un certo appetito, cominciò ad osservarli,

voltava il capo alternativamente a destra e a sinistra,

indeciso su quale dei due mucchi iniziare a mangiare.

Erano entrambi molto appetibili ed assolutamente identici

tra loro così l’asino non riusciva a prendere una decisione.

Passò il tempo senza che le cose cambiassero e

alla fine l’asino morì di fame.

L’Asino di Buritano

 

 

 

INTRODUZIONE

L’Illusione del Ragionamento Perfetto pone le sue basi già nell’Antica Grecia. Dobbiamo ad Aristotele (seguito dal razionalismo cartesiano, il positivismo settecentesco, raggiungendo l’acme ai giorni nostri), un tipo di pensiero improntato sulla logica razionale, che guiderà l’uomo a procedere, per oltre 20 secoli, nella conoscenza delle cose attraverso un metodo rigoroso, che si prefigge lo scopo di condurre alla conoscenza del «vero», tramite i principi di: «identità», di «non contraddizione» e del «terzo escluso» (Nardone G., De Santis G., 2011).

Bisogna attendere gli inizi del ‘900, perché Gödel, con la sua formulazione del teorema di indecidibilità, abbattesse in un sol colpo il castello del positivismo logico, dimostrando l’impossibilità della conoscenza di un sistema da parte di chi ne è incluso. Gödel distrusse, così, l’idea della conoscenza oggettiva, ovvero della “verità scientifica”. Dopo di lui Heisenberg, con il principio di indeterminazione, dimostrò ulteriormente l’influenza dello sperimentatore e dei suoi strumenti sull’oggetto e il risultato della sperimentazione (Nardone G., De Santis G., 2011).

COS’È IL DUBBIO PATOLOGICO

Dubbio Patologico

Il Dubbio Patologico è un particolare tipo di Disturbo Ossessivo Compulsivo Mentale che consiste nel porsi una serie di domande alle quali si cerca di dare delle risposte rassicuranti.

Le domande sono però “indecidibili”, cioè si tratta di domande per le quali non esiste un’unica risposta formalmente corretta. Ad esempio quella è la persona giusta per me oppure no? La mia relazione finirà, oppure no? Sarò in grado o non sarò in grado…? Sarà questo o quest’altro? Ce la farò a fare questo oppure no?

Nella continua ricerca di una risposta logica e rassicurante ci si incarta sempre più costruendo da sé la prigione mentale che ci renderà prigionieri del loop di domande e risposte, domande e risposte, etc.

FUNZIONAMENTO DEL PROBLEMA IN OTTICA STRATEGICA

Gli effetti del Cogitocentrismo si manifestano tramite il tentativo di dare a tutti i costi una spiegazione a qualcosa, dando più attenzione al senso e al significato delle cose che non hanno spiegazione, più che alla loro forma, creando un cortocircuito della ragione.

Il “cortocircuito” si verifica tra quello che noi definiamo coscienza, la nostra parte razionale che viene identificata con la corteccia, la parte del cervello filogeneticamente più evoluta, e la consapevolezza operativa cioè l’amigdala, la sede delle sensazioni primordiali.

Noi quando elaboriamo delle informazioni lo facciamo attraverso gli organi di senso: vista, udito, gusto, tatto e olfatto. L’informazione arriva agli organi di senso, tramite stimoli elettrici, arrivati all’amigdala, vengono interpretati come sensazioni-emozioni (rabbia, gioia, dolore etc). Queste sensazioni arrivano infine alla corteccia e una volta elaborate iniziamo a ragionarci sù. A questo punto esse possono essere di nostro gradimento oppure no, ma quando cerchiamo di dare una spiegazione razionale a queste sensazioni (infatti non esiste una spiegazione razionale perché sono pure sensazioni) il tentativo di controllo genera il “tilt” proprio perché la coscienza irrompe sulla consapevolezza operativa, cercando di controllarla. 

MODALITA’ ATTRAVERSO LE QUALI IL DUBBIO INCASTRA

1- Perversione della ragione

Si manifesta con il timore del dubbio: Potrei fare del male a mio figlio? Potrei far male ad altre persone? La paura è quella di perdere controllo, di impazzire.

2- Iper-razionalizzazione (trovare spiegazione razionale al dubbio)

Ricerca di assoluta certezza (rispetto a sé stesso o altri), di correttezza o scorrettezza di chi esamina le cose, che porta la persona a scandagliare tutte le diverse possibilità di una situazione rispetto ad un’altra; portandola a rimuginare, rimuginare continuamente rispetto a un evento accaduto o rispetto alla scelta da operare.

Persecutore interno

3-Persecutore Interno

In questo caso abbiamo la coscienza che perseguita la persona mettendo in dubbio le proprie capacità o incapacità, la riuscita di un evento, se le cose andranno bene oppure no, se accadranno o meno. Ad es: “Sarò in grado o non sarò in grado? Sarà la scelta per me o no? Andrà bene o andrà male?”.

Sabotatore Interno

4- Sabotatore Interno

L’idea è che comunque fai sbagli. Usando le parole di Søren Kierkegaard:

«Sposati e te ne pentirai, non sposarti e te ne pentirai lo stesso… Ridi delle assurdità del mondo, e te ne pentirai; piangi sulle assurdità del mondo, e te ne pentirai… Dai fiducia ad una ragazza e te ne pentirai; non dare fiducia a una ragazza e te ne pentirai ugualmente…».

Inquisitore Interno

5-Inquisitore interno

In questo caso il dubbio incolpa e condanna, e porta ad attribuire a sé stessi, come se fossero francobolli, tutte le responsabilità degli insuccessi e/o fallimenti propri, degli altri, del mondo. L’idea è che: “comunque sei colpevole”.

Franz Kafka ci offre un’immagine evocativa descrivendo colui che è stato condannato per una colpa che non ha, ma che egli ha confessato:

« Dalla cella vede che stanno costruendo un patibolo nel cortile. È convinto che sia per lui. Notte tempo riesce a scappare dalla cella, corre nel cortile, sale sul patibolo e si impicca da solo »

INTERVENTO STRATEGICO

In questi casi sempre mossi dall’illusione del ragionamento perfetto, e dalla applicazione della logica razionale ai problemi umani, il Cogito Cartesiano diviene, per gli esseri umani, lo strumento principe per affrontare le proprie insicurezze e i propri timori. Tuttavia, quando tale razionalità viene estremizzata, si trasforma da risorsa in limite; questo accade quando si tenta di applicarla a fenomeni a cui non può adattarsi, come ad esempio le paure irrazionali, i dubbi, le relazioni amorose controverse, situazioni in cui la logica razionale aristotelica si trasforma in una trappola (Nardone, De Santis, 2011).

L’obiettivo dell’intervento strategico nel trattamento del Dubbio Patologico è quello di bloccare le risposte per inibire la domande patogene in maniera tale che il dubbio si sciolga come neve al sole. Se la persona riesce mentalmente ad inibire la domanda evitando di rispondere, si procede in questo modo fino ad estinzione della patologia; altrimenti schiede al paziente di riportare il dialogo interno su carta fino alla “reductio ad absurdum”con il risultato di far collassare il dubbio su se stesso.

Concludo con le parole di Kant: L’intelligente dà risposte esatte, il saggio fa le domande giuste.

BIBLIOGRAFIA
Nardone G., De Santis G. (2011) COGITO ERGO SOFFRO. Quando pensare troppo fa male.

 

Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano

Psicologa-Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

LA COMUNICAZIONE DISFUNZIONALE E PATOLOGICA

Comunicazione Disfunzionale e Patologica

Il Ruolo della Comunicazione nell’Esacerbare le conflittualità di Coppia

 

INTRODUZIONE

La Scuola di Palo Alto ha sviluppato numerosi studi sul ruolo giocato dalla comunicazione nel esacerbare le situazioni conflittuali, all’interno dei rapporti interpersonali. Infatti, Watzlawick, Beavin, Jackson (1971)[1], dopo aver presentato i cinque assiomi della comunicazione umana [2], illustrano le principali modalità disfunzionali di comunicazione, correlate a ciascuno degli assiomi. Esse sono: la squalifica, la disconferma, i problemi di punteggiatura, i difetti di decodificazione, l’escalation simmetrica e la complementarietà.

La Squalifica (rispetto al 1° assioma):

È un artificio comunicativo e consiste nel rispondere ad una domanda senza dare una risposta. Essa è caratterizzata dall’utilizzo di sproloqui o modi per privare la comunicazione di significato. Questo avviene tramite il fraintendimento, oppure cambiando argomento, contraddicendosi, o utilizzando frasi ermetiche. Inoltre, essa può nascondere un implicito riconoscimento di valore dell’altro, camuffato sotto le vesti di un attacco. Se diventa l’unica modalità comunicativa può diventare patologica, ad es. nel caso del comportamento schizofrenico. In questo caso, viene utilizzato un tipo di linguaggio ambiguo (lo “schizofrenese”) che lascia all’ascoltatore la scelta tra molti significati diversi e a volte incompatibili come nelle ingiunzioni paradossali, che nel momento in cui si fa quanto chiesto, le si disattendono;

La Disconferma (rispetto al 2° assioma):

Si tratta di una modalità comunicativa che può mettere gravemente in crisi il senso del sé. Il ricevente non da ne conferma (funzione di sostegno) ne rifiuto (riconoscimento tra i comunicanti) ma si comporta in modo così sfuggente da comunicare all’emittente il messaggio “per me tu non esisti”. Un esempio può essere rappresentato dalla madre che, arrabbiata con il figlio, non risponde ai suoi tentativi di replica, tenendogli il “muso lungo”. La disconferma totale è rara più frequente è quella parziale corrispondente, al non riconoscimento di alcuni aspetti dell’individuo: di alcune sue idee, sentimenti o desideri. Ad es., alcuni genitori possono mis-conoscere al proprio bambino la possibilità di manifestare la sua sofferenza dicendogli quando piange: “non fare la femminuccia”;

I Problemi di Punteggiatura (rispetto al 3° assioma):

In questo caso, ogni persona punteggia il discorso in modo da attribuire automaticamente agli altri delle colpe fino a giungere a posizioni rispettivamente rigide. Si tratta di un disaccordo che può perdurare all’infinito sino a che gli interlocutori non decidano di metacomunicare[3], e cioè comunicare sulla comunicazione stessa. Un altro fenomeno disfunzionale è quello della profezia che si autodetermina. Infatti, secondo Watzawick e altri (1967): «la persona che agisce in base alla premessa “non piaccio a nessuno”, si comporterà in modo sospettoso, difensivo confermando la premessa da cui il soggetto era partito». Il problema di punteggiatura sta nel fatto che questa persona crede di reagire agli atteggiamenti degli altri e non di provocarli, confondendo la causa con l’effetto;

I Difetti di decodificazione (rispetto al 4° assioma):

Riguarda gli errori nella “traduzione” del messaggio analogico in numerico. Il messaggio analogico, infatti, ha quasi sempre una certa ambiguità e si può prestare a più interpretazioni. Tuttavia, secondo il principio della seconda cibernetica l’osservatore non può mai essere neutro, ma partecipa egli esso alla costruzione delle realtà e, quindi, anche alla codifica dei messaggi. Il messaggio attribuito dall’emittente e quello elaborato dal ricevente non possono corrispondere. Quindi è opportuno parlare di difetto di traduzione del messaggio analogico in numerico, solo nei casi in cui ciò comporta un’alta disfunzionalità.

L’Escalation simmetrica: (rispetto al 5° assioma):

Si giunge quando la competitività prende il sopravvento. In questo caso si passa velocemente di conflitto in conflitto fino a trasformare radicalmente la relazione, fino a romperla se l’escalation non viene interrotta. Ad un certo livello di simmetria ci si può accettare reciprocamente ma quando si vuole essere perfettamente uguali, tutto ciò può portare ad un inasprimento progressivo del rapporto.

La Complementarietà rigida (Rispetto al 5° assioma)

Si tratta di un tipo di relazione caratterizzata dalla presenza di due posizioni distinte una one-up e l’altra one-down. Le due posizioni se rimangono elastiche e i partner sono in grado di oscillare in modo flessibile da una all’altra posizione, venendo incontro alle esigenze dell’altro, si parla di complementarietà funzionale. Essa diviene disfunzionale quando entrambe le posizioni si irrigidiscono su sè stesse. In questo caso si ha una complementarietà patologica che, anche se all’inizio può essere accettata da entrambi i partner, con il tempo il mantenimento di questa posizione diventa problematica, soprattutto quando il partner in posizione subalterna acquista quelle competenze che gli consentono di avere un certo grado di autonomia.

NOTE

[1] Alcuni degli esponenti della prestigiosa scuola di Palo Alto.
[2] Il 1° assioma: Non si può non comunicare; il 2°: Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto (aspetto di notizia) e uno di relazione (comando) in cui impone un comportamento, di modo che il secondo classifica il primo; 3° La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti; 4° Le comunicazioni possono essere di due tipi analogiche (ad esempio le immagini, i segni) e digitali (le parole); 5° Le comunicazioni possono essere di tipo simmetrico, in cui i soggetti che comunicano sono sullo stesso piano (ad esempio due amici) e di tipo complementare, in cui i soggetti che comunicano non sono sullo stesso piano (ad esempio la mamma con il figlio).
[3] Per metacomunicazione si intende, in psicologia, una comunicazione di secondo grado relativa alla comunicazione stessa. È un concetto introdotto dagli psicologi della scuola di Palo Alto per rendere conto della complessità della comunicazione, della sua dinamica, delle sue disfunzionie patologie.

BIBLIOGRAFIA

Gambini P. Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale Casa editrice Franco Angeli (collana Serie di psicologia).

Watzlawick P., J. H. Beavin, D. D. Jackson (1971). Pragmatica della comunicazione umana. Studio sui modelli interattivi delle patologie e dei paradossi. Casa editrice Astrolabio-Ubaldi Editore, Roma.

Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano
Psicologa- Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

Il Dialogo Strategico

dialogo strategico

Cos’è e come funziona in Terapia Breve Strategica?

Il Dialogo Strategico è una Metodologia, individuata dal Prof. G. Nardone, che rappresenta la base della Terapia Breve Strategica. Essa rappresenta un Intervento-Diagnosi, che porta attraverso la successione di domande strutturate e di altre manovre di tipo psicolinguistico, a far si che il paziente sperimenti un nuovo modo di vedere la propria realtà fin dall’inizio della prima seduta, inducendo il paziente a “sentire” diversamente e dunque a cambiare le sue reazioni, scoprendo risorse che erano bloccate dalle percezioni precedenti.

Il Dialogo Strategico è strutturato in:

  • Domande ad illusione di alternativa:

Efficace strumento comunicativo per ingiungere le prescrizioni terapeutiche, da applicare nei casi in cui si prevede una decisa resistenza da parte del paziente a seguire le indicazioni del terapeuta, da applicare nei casi in cui si prevede una decisa resistenza da parte del paziente a seguire le indicazioni del terapeuta. La domanda è strutturata con due opposte possibilità di risposta e l’interlocutore potrà decidere quale delle due si adatta al suo caso.

Le Domande ad illusione di alternativa si muovono da interrogativi dapprima più generali per poi con un processo a spirale, stringersi, sulla base delle risposte, strutturandosi attorno ai particolari delle situazioni ed evidenziandone i potenziali punti critici.

 

  • Parafrasi ristrutturanti:

Manovra che segue una sequenza di 2-3 domande ad illusione: si utilizzano le risposte per formulare una definizione del problema che ne verifichi la corretta comprensione.

 

  • Evocare sensazioni:

Tecnica raffinata che tramite l’utilizzo di aforismi, metafore, aneddoti, esempi concreti,citazioni poetiche, narrazioni evoca la sensazione che innesca l’effetto emotivo idoneo allo scopo persuasorio.

Lo scopo è quello di orientare i suoi effetti in direzione avversiva nei confronti di atteggiamenti e comportamenti che devono essere interrotti o cambiati in maniera esaltante nei confronti di quelle reazioni da incentivare o incrementare.

 

  • Riassumere per ridefinire:

Si propone al paziente una cornice conclusiva che gli permetterà di fissare in lui una rappresentazione mnemonica di qualcosa di già realizzato e non da realizzare. Quindi le conseguenze operative saranno vissute come effetti di qualcosa di noto e non di una realtà minacciosa. Questa tecnica è utilizzata in maniera ridondante, con la finalità di produrre effetti fortemente suggestivi che potenziano l’effetto della manovra.

 

  • Prescrivere come scoperta congiunta:

A fine seduta, viene concordato ciò che dovrebbe essere messo in atto per far si che i cambiamenti di prospettiva realizzati, divengano azioni operative nella vita reale del soggetto che ha chiesto aiuto.

 

Bibliografia:

Nardone G.; Salvini S.(2004). Il dialogo strategico. Comunicare persuadendo: tecniche evolute per il cambiamento. Ponte alle Grazie.

 

Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano

Psicologa-Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

LE 4 ERESIE DEL MODELLO STRATEGICO

eresie del modello strategico

Una rivoluzione copernicana per la Psicoterapia

L’approccio strategico alla terapia dei disturbi psichici e comportamentali rappresenta una rivoluzione copernicana rispetto alla gran parte dei modelli psicoterapeutici. Esso è caratterizzato da quattro aspetti che fungono da vere e proprie eresie disciplinari. Proviamo a vedere quali sono e ad esaminarne gli aspetti più rilevanti.

1. Non esiste una sola realtà ma tante realtà a seconda dei punti di osservazione e degli strumenti utilizzati per osservare.

L’«eresia» rappresenta il passaggio da sistemi teorici «chiusi» a sistemi teorici «aperti», dal concetto di «verità scientifica» a quello di «probabilità»; dalla deterministica «causalità lineare» all’elastica «causalità circolare»; dalla «ortodossia» al «dubbio metodologico». In altre parole, si passa dall’atteggiamento fideista del credente, all’atteggiamento disilluso del ricercatore.

2. Il passaggio è dai contenuti ai processi, un sapere come fare piuttosto che un sapere perché.

Il compito del terapeuta si focalizza sul come funziona e sul come si può cambiare la situazione di disagio di un soggetto, coppia o famiglia.

3. Risolvere rapidamente complicati problemi umani: Il terapeuta si assume la responsabilità di influenzare direttamente il comportamento e le concezioni del paziente.

 Il terapeuta mantiene l’iniziativa durante tutta la terapia e studia una tecnica particolare per affrontare ogni singolo problema

 Se la terapia funziona gli indicatori di cambiamento devono apparire subito

 Richiede al terapeuta grande elasticità mentale unita al possesso di un ampio repertorio di strategie e tecniche di intervento terapeutico

4. Se vuoi vedere impara ad agire. Si cambia l’agire per cambiare il pensare.

Dal punto di vista strategico, si parte dalla convinzione che per cambiare una situazione problematica, prima si deve cambiare l’agire e di conseguenza il pensare del paziente, o il punto di osservazione, la sua cornice della realtà. Con il termire agire si intende tutto ciò che noi esperiamo nella nostra relazione con gli altri e il mondo:

-una forte emozione

-un casuale incidente nella nostra usuale routine

-una forte suggestione

BIBLIOGRAFIA

Nardone G.; Watzlawick P.(2010). L’arte del cambiamento. La soluzione di problemi psicologici e interpersonali in tempi brevi. Tea Pratica.

Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano
Psicologa- Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

SE NON FA MALE, E’ BUONO. Ortoressia e altre fissazioni alimentari.

Ortoressia

Trattamento e Soluzione in Ottica Strategica

 

Per gli ossessionati non c’è scelta:

l’ossessione ha scelto per loro prima di loro

Emil Cioran

INTRODUZIONE

Il Modello Breve Strategico, a differenza  diquanto sostenuto da alcuni studiosi di disordini alimentari, individua alcune forme di disagio nei confronti del cibo non come riconducibili ai classici Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), ma come riconducibili allo spettro dei disturbi fobiciossessivi; poiché alla base di questi disturbi vi è la “paura” non il “piacere” (come nei DCA). Queste ossessioni-fobiche sono alimentate dalla credenza per la quale, la consumazione di un certo tipo di cibo possa essere portatore di malattie o eventi catastrofici. La più nota di queste ossessioni è l’Ortoressia.

DEFINIZIONE

CN8F57 Healthy foods pegged to a washing line

Il termine Ortoressia deriva dal greco Orthos (giusto) e Orexis (appetito) e indica l’ossessione psicologica per il mangiare “sano”. Il problema si basa sull’illusione che tutta la salute dell’essere umano passi esclusivamente attraverso il “cibo”. Viene rifiutato tutto ciò che non è ritenuto per la persona cibo sano, e disprezzati coloro che non adottano il medesimo stile alimentare.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

L’errore che viene condotto molto spesso è quello di collegare questa forma di disturbo a una forma Anoressoide di disordine alimentare, ma in realtà ciò che spinge queste persone a un comportamento così ossessivo non è la paura di ingrassare o il desiderio di dimagrire, come nel caso dell’anoressia ma soltanto la paura degli effetti di certe sostanze.

DESCRIZIONE DEL PROBLEMA

La persona perdere di vista l’importanza dello stato d’animo globale, caratterizzato dal forte stress e angoscia dovuta all’esecuzione fedele dei rituali. Gli effetti dello stress, interferiscono significativamente nella sfera Bio-Psico-Sociale della persona. Non a caso, le ricadute del disturbo si ripercuotono nella vita emotiva e relazionale dell’individuo, non solo nella relazione tra sé e sé ma anche tra sé e gli altri. Infatti, è frequente il rifiuto/difficoltà nell’ uscire di casa per consumare un pasto insieme ad amici e/o parenti, per le ingenti difficolta dovute al controllo nella preparazione dei pasti. Questo chiaramente porta alla perdita del piacere della socialità legata alla consumazione del cibo.

Le convinzioni alimentari sono talmente rigide che risulta impossibile metterle in discussione; infatti, si evita perfino il confronto con gli “esperti del settore”, poiché si crede di avere le corrette informazioni alimentari, nella maggior parte dei casi parziali e/o imprecise.  Questa ossessione sul cibo porta con se la perdita del piacere nella selezione, preparazione e consumazione degli alimenti.

FUNZIONAMENTO PROBLEMA

Questo tipo di ossessione fobica è caratterizzata dalla/dal:

  • Ruminazione ossessiva sul cibo (durante tutto il giorno);
  • Pianificazione dei pasti in anticipo (preparazione, consumazione, etc.);
  • Impiegare parecchio tempo nella ricerca e acquisto di cibo;
  • Preparare cibo secondo procedure particolari (seguire solo certi tipi di cotture, utilizzare solo certi tipi di pentole).

Evitare di mettere in atto scrupolosamente i seguenti rituali provoca ansia e angoscia con ricadute psicosomatiche importanti, sulle persone con questo problema.

ALTRE FISSAZIONI ALIMENTARI

La lista delle fissazioni fobiche legate al cibo è pressoché illimitata, poiché come afferma Giorgio Nardone (Nardone G., 2000, Nardone G., 2003, Nardone G.,Portelli C., 2013) le fobie sono tante quanto una mente umana ne può inventare. Possiamo avere tanti tipi di fobie/ossessioni legate al cibo:

  • Fobia dei cibi troppo duri, e/o con filamenti (mozzarella, etc.) che implica paura di non riuscire a deglutirli per paura di strozzarsi;
  • Fobia dei cibi troppo elaborati e pesanti che possono produrre gravi problemi intestinali;
  • Fobia dei cibi contaminati da sostanze chimiche, e/o cibi transgenici;
  • Fobia per alcuni cibi e utilizzo solo dei cibi ritenuti utili per la prevenzione nei confronti di malattie minacciose come il cancro, l’infarto, etc;
  • Ossessione per la sterilizzazione dei cibi per paura del contagio.

TENTATE SOLUZIONI

Individuali:

  • Rituali (spezzettare i cibi, triturarli in bocca, etc.),
  • Evitamento dei cibi ritenuti minacciosi,
  • Controllo delle circostanze legate alla selezione, preparazione, consumazione.

INTERVENTO STRATEGICO

Questa classe di problemi si risolve rapidamente con il protocollo messo appunto per il problemi fobici-ossessivi. Dall’analisi della Ricerca-Intervento si evince che una volta sbloccata, attraverso specifiche metodiche, la fissazione fobica il problema nei confronti del cibo si dissolve velocemente.

L’obiettivo dell’intervento è quello di far cortocircuitare la credenza alla base del problema su se stessa con specifiche tecniche. Quindi, una volta minata la credenza attraverso l’uso dell’Esperienza Emozionale Correttiva [1] e, cioè si porta la persona a sentire [2]  differentemente sul campo che quello che si teme risulta infondato, poiché parte del disturbo. Si procede quindi riorientando la percezione della persona ristrutturando l’idea che ogni evitamento conferma la minacciosità della credenza rendendo reale ciò che spaventa.

In quest’ottica, la persona arriva a costruire il proprio problema diventando sia il burattino che il burattinaio dei suoi stessi problemi. Inoltre, vi è la constatazione che il controllo che la persona crede di avere sulla realtà che lo circonda, è assente. Infatti, l’unico modo di ottenere il controllo è essere disposti a perderlo, per poi riprenderlo. Da quest’analisi emerge che le ossessioni fobiche rappresentano con limpidezza che anche la cosa più ragionevole, nei suoi eccessi, diviene pericolosa quanto l’irragionevole.

Concludo con le parole di Nietzsche: “tutto ciò che è assoluto appartiene alla patologia”.

NOTE

[1] L’EEC (costrutto coniato da Alexander) rappresenta una nuova concreta esperienza attraverso la quale il paziente riesce a svolgere qualcosa precedentemente impossibile. Questa nuova esperienza permette alla persona di modificare il suo SPR, dandole la possibilità di vedere quella realtà da più punti di vista, e inducendolo ad un cambiamento dell’elaborazione cognitiva di tale realtà (cambiamento di 2° ordine). Infatti, è solo grazie ad esperienze realmente vissute che si strutturano nuovi apprendimenti (Piaget). Tutto questo avviene attraverso un processo di scoperta che egli pensa di aver guidato in prima persona e questo permette anche di ridurre le resistenza perché come dice Pascal chi si persuade da solo si persuade prima e meglio.

[2] Differente cosa risulta la spiegazione razionale: il far capire, inefficace in questi casi; approccio tipico degli approcci razionalisti.

BIBLIOGRAFIA

Nardone G. (1995). Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi.

Nardone G. (1998). Psicosoluzioni. Risolvere rapidamente complicati problemi umani. Collana Psicologia e Società. Bur Rizzoli Editore.

Nardone G. (2000). Oltre i limiti della paura. Superare rapidamente le fobie le ossessioni e il panico. Bur Rizzoli Editore.

Nardone G. (2003). Non c’è notte che non veda giorno. La terapia in tempi brevi per gli attacchi di panico. Ponte delle Grazie srl Milano Editore.

Nardone G (2003) Al di la dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle

  patologie alimentari.

Nardone G. (2013). Psicotrappole. Ponte delle Grazie Editore.

Nardone G., Portelli C. (2013) Ossessioni Compulsioni Manie. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi.

 
Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano

Psicologa-Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

ANORESSIA. L’Astinenza dal cibo e dalle Emozioni.

Anoressia

Trattamento e Soluzione in Ottica Strategica

 

L’astinenza è più facile della moderazione

(S. Agostino)

 

INTRODUZIONE

I disturbi del comportamento alimentare rappresentano una tematica che nell’ultimo decennio ha subito notevoli evoluzioni. È interessante notare come la distribuzione dei disordini del comportamento alimentare sia nettamente più diffusa in quei paesi a forte industrializzazione o Paesi ricchi, rispetto ai Paesi a bassa industrializzazione o poveri. Se ci pensiamo, fino a 10 anni fa in India non esistevano casi di Anoressia se non tra le principesse, poiché se una ragazza non mangiava sicuramente i suoi famigliari non avrebbero fatto complimenti. Oggi l’effetto dell’incremento del benessere e l’opulenza alimentare anche nelle classi medie indiane ha determinato un’emergente presenza di questi disturbi anche in quei territori. Infatti, se analizziamo le abitudini alimentari dei paesi occidentali, emerge che il cibo non rappresenta più un effettivo bisogno alimentare ma viene, prevalentemente, consumato per il piacere che da esso ne deriva.

Quest’evoluzione culturale ha influenzato anche la trasformazione di questi disturbi, rendendoli sempre più variegati ed evoluti rispetto al passato. Per quanto sia difficile tracciare una linea netta tra i disturbi, in quanto ogni disturbo rappresenta un continuum, i dati dell’APA ci dicono che l’Anoressia è un disturbo in forte calo poiché nella maggioranza dei casi esso evolve in forme più evolute: come il Vomiting o il Binge-Eating (Nardone G, 2003).

DEFINIZIONE

anoressia2

L’anoressia è quel tipo di patologia che prevede da parte della paziente la riduzione progressiva del cibo fino al suo completo rifiuto. Ciò che alimenta questa idea, che si trasformerà piano piano in un’ossessione, è quella di essere grassi. Successivamente alla riduzione del cibo, avviene che la percezione di questi pazienti effettivamente cambia, arrivando a deformare le loro “lenti percettive”, fino ad ottenere un’alterata percezione del proprio corpo e anche se effettivamente magre e/o sottopeso continuano a percepirsi come troppo grasse.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Nell’Anoressia, a differenza del Vomiting, il vomito viene usato esclusivamente come condotta compensatoria per non ingrassare, e non come nel vomiting che si mangia per vomitare.

L’uso di condotte compensatorie può essere presente sia nell’Anoressia che nel Binge-Eating. Le pazienti con Anoressia sono molto più controllate e disciplinate, riuscendo ad esercitare un controllo maggiore sul cibo rispetto ai Binge-Eating.

CARATTERISTICHE

Dai dati della Ricerca-Intervento condotta dal CTS di Arezzo sono emerse due tipologie di Anoressia Sacrificante e Astinente:

  1. L’anoressia Sacrificante rappresenta la tipologia di anoressia ben descritta nella letteratura di tradizione Sistemica e della Scuola di Milano, in particolare (S. Palazzoli, 1963). In questi casi la ragazza “portatrice del problema” inizia a svilupparlo e mostrare i sintomi in concomitanza con la crisi famigliare. Questo permette alla famiglia di spostare l’attenzione dai loro problemi coniugali a quelli della figlia, con il risultato per la ragazza di disporre di una serie di attenzioni di cui ella prima non disponeva (vantaggi secondari). Saranno proprio questi vantaggi secondari relativi alla problematica assieme all’obiettivo del sacrificio ad aumentare la resistenza al cambiamento. Il sacrificio della ragazza ha lo scopo di tenere unita la faglia che ora lotta contro un nemico comune: la “malattia”. Questa tipologia di anoressia viene definita da Costin (1996) «Capro Espiatorio. Un’altra tipologia è definita «l’Eroe della Famiglia» (Costin,1996). Si tratta di quel tipo di anoressie che vissute in un sistema familiare caotico e privo di figure di riferimento forti, assumono su di sé tutto il carico delle problematiche famigliari. Si tratta di persone forti e determinate, che diventano precocemente indipendenti e sviluppano una perfetta capacità di autocontrollo e fiducia in se stesse. Il sintomo anoressico in questi casi rappresenta la forma di controllo finale che la ragazza arriva ad autoimporsi (Nardone, Verbitz, Milanese, 1999). Nonostante l’enfasi in letteratura questo tipo di anoressia sta andando scomparendo.
  2. L’anoressia Astinente rappresenta la forma evoluta, ma più frequente, di anoressia: oltre il 60% della ricerca-intervento. Le anoressie astinenti presentano da un lato una fragilità emotiva, labilità psicologica e grande difficoltà a controllare le loro emozioni. La loro percezione è alterata da lenti deformanti che tendono ad ingigantire qualsiasi problema, facendo apparire qualsiasi cosa difficile da risolvere. Questa percezione della realtà le rende insicure, timorose e costantemente insoddisfatte. Dall’altro lato sono persone orientate al lavoro, molto precise, instancabili e bravissime, sia in campo scolastico che lavorativo. In questi casi il cibo assume il ruolo di distrattore dalla loro labilità emotiva e affettiva. Infatti, concentrando tutte le loro attenzioni sul cibo il resto passa in secondo piano.

TENTATE SOLUZIONI

Le tentate soluzioni disfunzionali (TSR)[1] individuate dalla ricerca sono:

Individuali

  • Restrizione calorica (suddivisione in buoni o cattivi)

Dieting

  • Uso di lassativi, Diuretico e/o uso di farmaci (per ridurre l’appetito)

Lassativi

  • Extreme Exercise (Esercizio Fisico Estremo)

extreme exercise

Sistema

  • Spingerla a mangiare
  • Parlare del problema

FUNZIONAMENTO

L’anoressia è un processo graduale che porta la paziente ad astenersi dal cibo fino a giungere a rifiutarlo gradatamente; infatti, è importante sottolineare che non si diventa anoressici da un giorno all’altro. L’esigenza di dimagrire o non ingrassare scaturisce dall’esigenza di voler aderire a modelli socialmente ratificati di bellezza precostituita. Continuando ad assecondare questa credenza si continua a dimagrire, finché il risulto si “scontra” con l’ideale di bellezza desiderato. A questo punto è troppo tardi poiché ci si è costruiti la trappola dalla quale non si riesce più ad uscire, e la magrezza eccessiva porta con sé una serie di problematiche fisiche [2] e la conseguente perdita dell’adeguatezza percettiva del proprio corpo. In questa fase di alterata percezione della propria persona, chi soffre di questa problematica arriva allo scontro con tutti coloro che evidenziano l’eccessiva magrezza e inevitabilmente gli accusa di essere poco obiettivi.

Bisogna considerare che, nel momento in cui le pazienti si astengono dal cibo, si verifica un effetto fisiologico molto importante: l’emissione di neurotossine che determinano un «effetto droga» simile a quello indotto dalla cocaina e dall’anfetamina[3]. Questo effetto si evidenzia molto bene nelle pazienti che mostrano un atteggiamento di estrema eccitazione, un’energia inesauribile, simile a quello che si osserva in certi tossicomani, accompagnata da una sorta di apparente imperturbabilità.

INTERVENTO

Il premio nobel Henry Laborit ha dimostrato nelle sue ricerche come l’essere umano è così duttile e corruttibile che è sufficiente che questi ripeta per qualche mese un “copione percettivo-reattivo”, autoimposto o imposto dalle circostanze, affinché questo diventi automatizzato e apparentemente naturale e spontaneo. Proprio questo rende resistente il disturbo anoressico a tutti quei trattamenti basati sulla ragionevolezza e la razionalità.

Per questo si rendono necessari interventi terapeuti basati su stratagemmi in grado di aggirare tale poderosa resistenza al cambiamento. L’obiettivo dell’Intervento Strategico è quello di portare la persona a liberarsi dall’armatura costruitasi, che la “scherma” dalle sensazioni, ristabilendo o creando un rapporto nuovo ed equilibrato con il cibo e le sue sensazioni. Una volta sbloccata la problematica, ripreso il peso, ristabiliti i parametri fisiologici (ad es. la ricomparsa del ciclo, etc.) si procede al lavoro sull’aspetto emotivo-relazionale, portando la persona a gestire in modo funzionale, efficace e in autonomia tutta l’aria affettiva.

Concludo con le parole di Arsene Arcelot: «Più che la ragione è lo stomaco che ci comanda».

NOTE

[1] Il costrutto di TS viene elaborato dal gruppo di ricercatori del M.R.I. di Palo Alto, e costituisce un riduttore di complessità indispensabile in TBS, che permette di focalizzare l’attenzione su tutto ciò che viene fatto dal paziente, dai suoi familiari o dai suoi curanti per cercare di risolvere il problema. Questa forma di interazione tra il soggetto, la realtà e il mondo, di per sé non è patologica, anche perché la TS sicuramente sarà stata efficacie in passato per risolvere problemi simili. Esse possono diventare disfunzionali, quando diventano ridondanti (TSR) e si ripetono in rigidi copioni che, anziché risolvere il problema, lo trasformano in una vera e propria patologia.

[2] Sono comuni disturbi fisiologici compresi amenorrea (interruzione del ciclo), stipsi, dolori addominali, intolleranzza al freddo, letargia o eccesso di energie. Sono presenti anomalie dei parametri vitali ad es. disidratazione, riduzione degli ormoni tiroidei ed ormoni sessuali. Altro aspetto importante è la riduzione della densità ossea che aumenta il rischio di fratture. Come difesa e preservazione del nostro corpo nei periodi di carestia, il nostro cervello, prevede una significativa riduzione del dispendio energetico a riposo.

[3] Come ben descritto da Win Moley direttore per alcuni anni del Eating Disorder Center del Mental Research Institute di Palo Alto.

BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association (2015). DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi    mentali.   Edizione Italiana curata da Massimo Biondi. Cortina Editore.

Nardone G. – Verbitz T.- Milanese R. (1999) LE PRIGIONI DEL CIBO. VOMITING,

  ANORESSIA, BULIMIA

Nardone G (2003) Al di la dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle

  patologie alimentari.

Nardone G. (2007) LA DIETA PARADOSSALE. Sciogliere i blocchi psicologici che  

  impediscono di dimagrire e mantenersi in forma.

 

Autrice Dott. Francesca Troiano

Psicologa-Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

 

 

 

 

 

 

BINGE-EATING. Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata.

Binge-Eating

Trattamento e Soluzione in Ottica Strategica

 

“Il piacere diviene lo scoglio sul quale l’essere umano corre a naufragare”

Philips Chesterfield

 

INTRODUZIONE

Il Binge-Eating, o disturbo da alimentazione incontrollata, proprio per la sua particolarità dovuta all’alternanza di digiuni: dove si cerca di restringere il più possibile e grandi abbuffate: dove si perde completamente il controllo, potrà sembrare al lettore uno strano cocktail tra Anoressia, Bulimia e Vomiting. Anche in questo caso, dopo che il disturbo si è insediato la sua tipologia di persistenza assume caratteristiche del tutto originali. Proprio per la sua originalità richiede, al fine della sua soluzione, uno specifico tipo di trattamento decisamente diverso da quelli idonei per le problematiche precedentemente elencate.

DEFINIZIONE

Il Binge-Eating, in Ottica Strategica, è un disturbo caratterizzato dall’alternarsi di periodi prolungati di astinenza in cui il paziente si sottopone a veri e propri digiuni, nei quali può sia non mangiare completamente nulla sia ridurre il pasto a frutta e verdura, e altri periodi, più o meno lunghi, di intensa trasgressione caratterizzati da grandi abbuffate. Questo quadro può presentare la presenza di strategie compensatorie come l’uso di lasssativi e diuretici e la presenza di attività fisica estrema.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Secondo l’Approccio Strategico il Binge Eating consiste in una particolare variante della bulimia e si differenzia, in particolare, dalla Bulimia “Jo-Jo”, infatti, in quest’ultimo caso al termine delle abbuffate la persona torna all’utilizzo della dieta suddivisa nei tre pasti. Invece, l’alimentaizione di coloro che soffrono di Binge-Eating non prevede pasti regolari ma le abbuffate sono poi compensate dal digiuno.

Un’altra differenza riguarda la quantità dell’abbuffata, che nel caso della Bulimia “Jo-Jo” prevede piccole quantità di cibo, mentre nel caso del Binge-Eating si tratta di abbuffate molto più consistenti quasi simili a quelle nel Vomiting, ma senza l’utilizzo di condotte di eliminazione, come appunto il vomito.

DESCRIZIONE DEL PROBLEMA

Il Binge-Eating si osserva in persone decisamente autonome che improntano la loro vita sull’efficacia e l’efficienza soprattutto nella vita lavorativa, spesso single, e di successo sociale. Infatti, queste persone praticano le loro abbuffate in segreto e in completo isolamento dal mondo sociale, mentre al di fuori possono mostrare una vita perfetta: efficienti e determinate sul lavoro. Alcuni esempi sono la “donna-manager di successo” che risulta invidiabile dall’esterno per le sue capacità nel campo lavorativo ma in segreto, quando è in camera sua, arriva a consumare fino a due abbuffate settimanali.

FUNZIONAMENTO IN OTTICA STRATEGICA

binge-eating

Alla base il meccanismo del Binge-Eating presenta l’illusione, da parte delle persone che ne soffrono, di avere un apparente controllo tramite l’alternanza di periodi nei quali esse controllano il loro desiderio tramite il digiuno, e periodi di abbuffata programmata e organizzata al meglio.

Le abbuffate solitamente sono caratterizzate dai cibi che ci si vieta, ritenuti “pericolosi” poiché fanno ingrassare. Quando ci vietiamo qualcosa, nella nostra mente si attiva uno strano meccanismo per il quale, più lo si vieta più lo si desidera, finché non potendone fare a meno si finisce per abbuffarsi di tutti quegli alimenti ritenuti “proibiti”.

digiuni rigorosi sono caratterizzati da cibo che, secondo la percezione delle persone con questa problematica, non fa ingrassare, come ad es. insalate nelle sue varie forme. A questo quadro, si aggiunge la completa assenza di qualsiasi forma di piacere nella selezione e degustazione dei cibi.

Questi pazienti si rivolgono ad uno psicoterapeuta quando le abbuffate aumentano e, quindi, non riescono più a controllarle, iniziando a perdere quella piacevolezza e a diventare minacciose. Oppure, nel caso in cui la persona avverte di star perdendo il controllo della sua vita, ad es. accade qualcosa di talmente sconvolgente, come un “innamoramento”, o tragico insuccesso professionale; cosa che per loro, poiché sempre improntati al controllo relativo all’efficienza, risulta inaccettabile.

TENTATE SOLUZIONI

Le Tentate Soluzioni Ridondanti (TSR) [1] individuate dalla ricerca sono:

  • Digiuno/Abbuffata

digiunobulimia

  • Uso di lassativi, Diuretici

Lassativi

  • Extreme Exercise (Esercizio Fisico Estremo)

esercizio estremo

INTERVENTO STRATEGICO

Trattandosi di casi particolarmente resistenti non è pensabile prospettare per loro una drastica modifica dello stile di vita. La particolare resistenza è dovuta al fatto che, anche definendosi collaborativi, tendono ad estendere la loro tendenza al controllo anche verso il terapeuta, con l’obiettivo di manipolare la terapia.

L’obiettivo della terapia, quindi, risulta quello di ripristinare la capacità di queste persone di imparare a gestire il controllo (sul cibo), imparando a renderlo flessibile e allargandolo anche a nuovi eventi della loro vita. Quindi, lo sblocco della problematica prevede il “cortocircuito” del perverso circolo vizioso digiuni/abbuffate il quale, una volta stabilitosi, permette sia di concedersi il piacere sia di badare alla forma fisica/estetica. Come dice Sheila Graham il cibo rappresenta la più primitiva delle consolazioni, e qualsiasi tipo di “controllo” che si tenta di applicare sul piacere di mangiare, si tramuta, inevitabilmente, nel tentativo di controllo che fa perdere il controllo. Quindi, l’autoregolazione la si ottiene se siamo disposti a perdere l’apparente controllo, imparando a concedersi il piacere in modo controllato; questo lo si ottiene: imparando a lasciare andare il controllo, per poi riprenderlo gradatamente.

Concludo con le parole di San Tommaso d’Aquino: ” Nessuno può vivere senza il piacere”.

NOTE

[1] Il costrutto di TS viene elaborato dal gruppo di ricercatori del M.R.I. di Palo Alto, e costituisce un riduttore di complessità indispensabile in TBS, che permette di focalizzare l’attenzione su tutto ciò che viene fatto dal paziente, dai suoi familiari o dai suoi curanti per cercare di risolvere il problema. Questa forma di interazione tra il soggetto, la realtà e il mondo, di per sé non è patologica, anche perché la TS sicuramente sarà stata efficacie in passato per risolvere problemi simili. Esse possono diventare disfunzionali, quando diventano ridondanti (TSR) e si ripetono in rigidi copioni che, anziché risolvere il problema, lo trasformano in una vera e propria patologia.

BIBLIOGRAFIA

Nardone G. – Verbitz T.- Milanese R. (1999) LE PRIGIONI DEL CIBO. VOMITING, ANORESSIA,

    BULIMIA.

Nardone G (2003) Al di la dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle patologie

   alimentari.

Nardone G. (2007) LA DIETA PARADOSSALE. Sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di

  dimagrire e mantenersi in forma.
 

Autrice Dott. Francesca Troiano

Psicologa- Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

VOMITING: La Compulsione Irrefrenabile di Mangiare per Vomitare.

Vomiting

Trattamento e Soluzione in Ottica Strategica

 

Nei piaceri dei sensi, il disgusto confina con il godimento.

(Francis Bacon)

 

INTRODUZIONE

“Ogni cosa ripetuta un certo numero di volte diventa un piacere”.  Questo processo trova un preciso riscontro  negli studi di Laborit (1982)-premio nobel per la biologia sull’organizzazione sinaptica del cervello umano- che hanno ben dimostrato come qualsiasi tipo di comportamento, se ripetuto un certo numero di volte, possa gradualmente assumere una connotazione di intensa piacevolezza.

DEFINIZIONE

Vomiting

Il Vomiting o Sindrome da Vomito rappresenta il contributo, più fecondo, emerso dalla Ricerca-Intervento condotta, da oltre 25 anni, dal CTS di Arezzo. Si tratta di una compulsione irrefrenabile basata sul piacere di mangiare grosse quantità di cibo, per poi vomitarle. Il cibo in questo caso non rappresenta più una strategia compensatoria per evitare di ingrassare, come nel caso della bulimia nervosa con condotte di eliminazione, ma si mangia per vomitare. Questo meccanismo ripetuto per più di 6 mesi innesta il disturbo. Chiaramente la piacevolezza nel degustare il cibo è assente. Molte delle pazienti con vomiting sono ex-anoressiche, o anche, se meno raramente, ex-bulimiche; questo trova spiegazione nel fatto che i disturbi alimentari rappresentano un continum.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Molto spesso questa problematica viene confusa con la bulimia con “condotte di eliminazione”, invece osservando i dati della ricerca-intervento, emerge che le pazienti che “vomitano in maniera compulsiva” non possono essere definite bulimiche. Questo dato trova riscontro, dai dati emerti dal trattamento delle prime pazienti che “mangiavano e vomitavano”, prima che il vomiting, venisse individuata come categoria a sé. Infatti, le prime pazienti con Vomiting trattate con l’usuale trattamento per la bulimia non si sbloccavano, e questo ha fatto ipotizzare che la logica di funzionamento alla base del problema, fosse completamente diversa.

CARATTERISTICHE

Dalla sperimentazione della ricerca intervento sono emerse tre varianti di vomitatrici:

  • trasgressiva inconsapevole: si tratta di ragazze tra i 14 e i 19 anni, moraliste, inibite e inesperte relazionalmente che tendono all’isolamento e inconsapevoli dell’analogia erotica, e che mangiare e vomitare rappresenti una vera perversione (quasi scomparse per le modifiche culturali);
  • trasgressiva consapevole ma pentita: si rende conto della perversione ma non vuole più essere “rapita dal demone”. Si tratta di quelle vomitatrici che vorrebbero smettere, ma da sole non riescono.
  • trasgressive compiaciuta: consapevoli della loro perversione, seduttrici, provocatrici, manipolatrici; occorre calibrare con loro molto bene la “seduzione” alternando una fase di distacco a quella di avvicinamento. Vengono spesso portate dalla famiglia. Arrivano anche a rubare per comprare il cibo. All’interno delle “trasgressive compiaciute”, una parte anche consistente di pazienti vengono definite “barracuda”, si tratta di coloro che nel momento che vedono un piccolo cambiamento si spaventano. Loro spesso vengono di loro spontanea iniziativa, ma poi abbandonano ai primi risultati e quando tornano ricominciano dal punto di partenza.

FUNZIONAMENTO

Il Vomiting rappresenta una perversione basata sul cibo, caratterizzato da un rituale preciso. Questo rituale non rappresenta, per la paziente, solo il più grande dei piaceri, ma anche il più semplice da ottenere. Infatti, tutto è possibile senza la relazione con un’altra persona; poiché, il cibo a differenza delle persone è sempre disponibile e lo si può gestire e controllare, con facilità. Nei casi più gravi il piacere di mangiare e vomitare è l’unico piacere che rimane alla paziente, andando ad azzerare tutti gli altri. Il rituale si divide in una:

  1. Fantasia Appetitiva: in cui vi è da parte della ragazza un’anticipazione mentale dell’abbuffata;
  2. Fase Consumatoria: in cui si consuma il cibo;
  3. Fase di Scarica: in cui ci si libera con il vomito.

La sequenza del rituale, come facilmente intuibile, risulta isomorfa all’atto sessuale; e non a caso, questo tende ancora di più a farsì che la sintomatologia diventi un facile surrogato dell’attività sessuale. Succede spesso che le pazienti dicano: “mi nascondo, ingurgito e poi vomito…”, in questi casi il cibo diventa il loro “amante segreto” (come nel sesso c’è una fantasia che anticipa una “consumazione” a seguito della quale c’è una soddisfazione). Infatti, nel momento in cui si riduce il sintomo, riappare la dimensione sessuale, che porta con se in alcuni casi la scoperta, in altri il riappropriarsi dei piaceri ad essa legati; finché si assiste ad una sorta di coincidenza tra il recupero della capacità orgasmica e la scomparsa del sintomo.

INTERVENTO

L’intervento Strategico consiste nel bloccare le Tentate Soluzioni Disfunzionali, favorendo il processo di apprendimento di nuove strategie; modificati i vecchi schemi e apprese le nuove strategie, i pazienti vengono guidati a consolidare le nuove strategie nel tempo.

Nel caso del Vomiting l’obiettivo sarà quello di interrompere la sequenza del mangiare e vomitare. Questa semplice interruzione genererà un effetto scoperta interessante da parte della paziente; infatti,  molti pazienti quando tornano nelle sedute successive lamentano: “dott.ssa mi ha rovinato tutto. Non è più piacevole come prima”. Questo perché la semplice interruzione, ripetuta, del mangiare e vomitare crea un’interruzione della piacevolezza del rito. Un rito è piacevole proprio perché fatto in un certo modo, una volta interrotto, non sarà più così piacevole. È come se utilizzando l’analogia della sessualità, venga chiesto alla persona di interrompere l’atto sessuale proprio sul più bello. Questa tecnica che viene definita tecnica dell’intervallo assieme ad altre tecniche e alle ristrutturazioni usate in seduta, hanno l’obiettivo di rovinare la piacevolezza del rito, e riorientare la percezione della paziente.

Eliminato il disturbo alimentare, si procede lavorando sulle relazioni interpersonali che nella maggior parete delle volte (proprio per la pervasività del disturbo) sono carenti o assenti. Concludo con le parole di J.S Cherbulier: “Il piacere ha le sue ragioni che la ragione non conosce”.

BIBLIOGRAFIA

Nardone G. – Verbitz T.- Milanese R. (1999) LE PRIGIONI DEL CIBO. VOMITING, ANORESSIA,

  BULIMIA

Nardone G (2003) Al di la dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle patologie

   alimentari.

Nardone G. (2007) LA DIETA PARADOSSALE.Sciogliere i blocchi psicologici che impediscono di

  dimagrire e mantenersi in forma.

 

Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano

Psicologa- Specialista in Psicoterapia Breve Strategica

BULIMIA. Come il piacere del cibo può intrappolare.

Bulimia

Trattamento e Soluzione in Ottica Strategica

 

<<L’ingordigia è un rifugio emotivo: è  il segno che qualcosa ci sta divorando>>

(Principe De Vries)

 

INTRODUZIONE

Mi piacerebbe introdurre questa problematica con le parole di Cioran: «Se sto bene, prendo la via che desidero; malato, non sono più io a decidere: è la mia malattia».

Uno dei disturbi alimentari senza dubbio più frequenti è la bulimia. In questo articolo verrà definito il concetto di bulimia in Ottica Strategica, facendo riferimento ai dati emersi dalla Ricerca-Intervento[1] condotta da oltre 25 anni dal Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo, diretto dal prof. Nardone. I dati della ricerca sull’efficacia del trattamento, nel campo dei disturbi alimentari, mostrano che circa l’ 83% dei casi trattati ha completamente risolto il proprio problema. Inoltre, verranno identificati i meccanismi di funzionamento della problematica e individuate le strategie inerenti la sua risoluzione.

DEFINIZIONE

Con il termine bulimia, dal greco “fame da bue”, ci si riferisce a quella patologia caratterizzata da abbuffate ricorrenti contraddistinte dal  mangiare in un definito periodo di tempo (2 ore)  quantità maggiori di quelle che le persone mangerebbero normalmente .  Il cibo non viene ingerito per il piacere della pietanza, ma il suo consumo è determinato dall’irrefrenabile compulsione a mangiare, per ottenere la sensazione di pienezza (avere la pancia piena). Mentre vengono ingerite queste grosse quantità di cibo,  si sperimenta la sensazione di perdita di controllo, per cui si mangia a dismisura.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Nello specifico il termine bulimia si riferisce a tutte quelle persone che divorano compulsivamente grandi quantità di cibo, senza che vi siano condotte di eliminazione (vomito), o condotte compensatorie (uso di lassativi, diuretici, attività fisica estrema). Infatti, nel caso della presenza delle condotte di eliminazione, si parla di “sindrome da vomito” o Vomiting; mentre nel caso siano presenti, associate ad abbuffate e a digiuni, condotte compensatorie, si parla di Binge Eating.  Quindi, ci si riferisce a un disturbo sovrapponibile a quello di “Bulimia Nervosa senza Condotte di Eliminazione”, così come viene definita nel DSM-IV, comprendendo al suo interno anche alcuni casi di Obesità Psicogena (Nardone, Verbiz, Milanese, 2005).

CARATTERISTICHE

Coloro che soffrono di bulimia presentano al pari  di coloro che soffrono di disturbi anoressici una grande fragilità emotiva, ma, a differenza di questi ultimi, estremamente sensibili, bravissimi a controllarsi e intellettualmente più raffinati, sono persone meno complicate e con grande difficoltà di controllo delle proprie reazioni. All’inizio, la compulsione irrefrenabile è incentrata sul piacere di mangiare, ma gradatamente queste persone scoprono il potere sedativo del cibo; infatti, come ricorda Sheila Graham il cibo rappresenta la più primitiva delle consolazioni. Queste persone temono di non poter controllare le proprie reazioni, così imparano con il cibo ad essere sfrenate, in modo da adattarsi in maniera funzionale ad una realtà per loro ingestibile. Quindi, il “grasso” rappresenta un guscio, all’interno del quale rifugiarsi, in modo da evitare di affrontare difficoltà,  ritenute insormontabili, soprattutto riguardo alle relazioni interpersonali.

Dai dati della Ricerca-Intervento condotta dal CTS di Arezzo sono emerse tre categorie di bulimia: la “Boteriana”, la “Carciofo” e la “Jo-Jo”.

  1. Boteriane

Si tratta di quei soggetti, sia uomini che donne, ingrassati a tal punto da apparire come le famose immagini di Botero. Si tratta di pazienti con peso dagli 80-90 kg in su, sono persone gaudenti, serafiche, tranquille, sposate con situazioni di vita piuttosto serena e ben adattate al loro problema. Il loro tratto distintivo è la totale incapacità di mettersi a dieta, spesso considerati come obesi cronici e curati mediante terapie farmacologiche. Si rivolgono al terapeuta solo per gli evidenti problemi organici.

boterianibulimia

  1. Carciofo

Si tratta di persone in soprapperso che presentano fragilità emotive, come ad esempio: difficoltà nel lasciarsi andare in ambito sessuale, sovente associato a rigide convinzioni religiose. Tendono allora a proteggersi, altrimenti il contatto con l’altro potrebbe diventare pericoloso e, usando una metafora al pari del carciofo, proteggono il cuore tenero e buono mediante le scorze dure (la ciccia), che le avvolgono e le proteggono dal rapporto tra sé e gli altri, e tra sé e la propria intemperanza. Il cibo è un rifugio, la lotta con la bilancia li tiene al sicuro da altri problemi.  L’essere in sovrappeso rappresenta: una sorta di protezione da sofferte problematiche affettivo- relazionali.

bilancia

  1. Jo-jo

Questa categoria rappresenta quella più frequente, ma non sempre arriva dallo psicoterapeuta poiché come prima soluzione tende a rivolgersi a medici e dietologi. La bulimia Jo-Jo risulta caratterizzata dall’alternanza di diete e abbuffate, attraverso un’alimentazione sfrenata. Si tratta di coloro che riescono a stare a dieta per un po’ di tempo ma poi perdono il controllo, oscillando continuamente: tra peso forma e 5 o 6 kg di troppo. Ogni volta che sono ingrassate dimagriscono, per poi riassumere tutti i kg ogni volta che sono dimagrite, alternano controllo a perdita di controllo.

Fat man holding a measurement tape against white background

Tutte e tre le categorie, quando iniziano a dimagrire, si spaventano e sentono gli effetti pericolosi di essere desiderabili, ricominciando così a mangiare per rimettere la “ciccia protettiva” tra sé e gli altri. Quindi, la resistenza al cambiamento è molto alta.

TENTATE SOLUZIONI

Le tentate soluzioni disfunzionali (TSR) [2] individuate dalla ricerca sono:

Individuali:

  • Controllo del piacere che fa perdere il controllo (dieta: come conteggio di calorie, evitare le tentazioni, mangiare meno)

Sistemiche:

  • Controllare che la ragazza non mangi
  • Nascondere il cibo
  • Comprare solo cibi dietetici

FUNZIONAMENTO

Più ci si vieta il piacere e più questo diventa una proibizione tale da diventare irrinunciabile, diceva Oscar Wilde.

La base della problematica, nel disturbo bulimico, si fonda sul controllo del piacere, per sua natura incontrollabile; infatti, dato che al piacere non possiamo fare a meno di rinunciare, questo tentativo paradossale di voler controllare qualcosa di naturale, come il piacere alimentare, si trasforma in perdita di controllo. Quindi, l’effetto paradossale di queste costrizioni, continui divieti e negazioni, si tramuta in una compulsione a divorare il cibo in maniera irrefrenabile.

INTERVENTO

L’intervento strategico è caratterizzato dall’individuare e bloccare le TSR e sostituire queste modalità ridondanti <<che invece di risolvere il problema lo alimentano>> con altre più funzionali. La tecnica di elezione, usata per rovesciare la tentata soluzione cardine (del controllo che fa perdere il controllo) è la dieta paradossale, con la quale si porta la persona alla ricerca del piacere e alla sua introduzione all’interno della sfera alimentare. La ricerca del piacere alimentare, invece che il mero conteggio delle calorie, è la chiave di volta che induce i pazienti a concedersi il piacere spontaneamente e a scoprire, con grande sorpresa, che il segreto del controllo è rappresentato: dall’oscillazione costante tra perdita di controllo e il suo mantenimento. Questo rappresenta un meccanismo autoregolativo, poiché è basato sulla semplice regola: “se non te lo concedi diventa irrinunciabile, se te lo concedi puoi rinunciarci”.

Il lavoro in questi casi non sarà solo di tipo alimentare; infatti, una volta sbloccata la sintomatologia bulimica, eliminate le TSR individuali e del sistema familiare, si procede nel lavorare sulle problematiche emotivo-relazionali, sottese al disturbo. Si continua consolidando le nuove strategie e si conclude l’intervento favorendo le autonomie del paziente restituendogli, così, il successo terapeutico.

Concludo con le parole di Oscar Wilde: “Il miglior modo per superare una tentazione è cedervi”.

NOTE

[1] Negli ultimi venti anni il CTS di Arezzo, grazie a un processo sistematico di « ricerca intervento », si è approcciato allo studio dei problemi umani, studiando una realtà, intervenendo su di essa e al tempo stesso aggiustando gradualmente l’intervento, adattandolo alle ulteriori conoscenze che vengono ad emergere dagli effetti degli interventi stessi. Infatti, è la strategia che funziona a descrive la struttura di persistenza del problema. Questo lavoro ha permesso di formulare dei modelli logico-matematici, conoscitivi e operativi, che riguardano la formazione, la persistenza e il cambiamento risolutivo delle varie tipologie di disturbi. Quindi, sono stati messi appunto specifici protocolli di trattamento, per le singole patologie, particolarmente efficaci, efficienti, replicabili, trasmissibili e predittivi.

[2] Il costrutto di Tentate Soluzioni viene elaborato dal gruppo di ricercatori del M.R.I. di Palo Alto, e costituisce un riduttore di complessità indispensabile in Terapia Breve Strategica, che permette di focalizzare l’attenzione su tutto ciò che viene fatto dal paziente, dai suoi familiari o dai suoi curanti, per cercare di risolvere il problema. Questa forma di interazione tra il soggetto, la realtà e il mondo, di per sé, non è patologica, anche perché la TS sicuramente è stata efficacie in passato per risolvere problemi simili. Esse possono diventare disfunzionali, quando diventano ridondanti (TSR) e si ripetono in rigidi copioni che, anziché risolvere il problema, lo trasformano in una vera e propria patologia.

BIBLIOGRAFIA

Andreoli V., Cassano G. B., Rossi R. curato da (2007). DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Text revision, Elsevier Editore.

Nardone G. – Verbitz T.- Milanese R. (1999) LE PRIGIONI DEL CIBO. VOMITING, ANORESSIA, BULIMIA

Nardone G (2003) Al di la dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle patologie alimentari.

Nardone G. (2007) LA DIETA PARADOSSALE.

 

Autrice: Dott.ssa Francesca Troiano

Psicologa-Specialista in Psicoterapia Breve Strategica